“Del come e del quando vennero per la prima volta serviti gli STRASCINATI, da una avvenente fantesca del Castello di Vetranola, in quel di Monteleone dell’Umbria a salvezza da morte degli uomini del Castello e di colui che amava”.


(da una cronaca umbra del XV Secolo)
Correva l’anno 1494, quando i Capitani Paolo e Camillo Vitelli, alla testa di numerosi fanti e cavalieri, invasero la terra di Monteleone, onde dare aiuto al Re di Francia, Carlo VIII, intento allora alla conquista del regno di Napoli.
Un giorno i due fratelli si trovarono, stanchi ed affamati, alla porta del Castello di Vetranola ed ivi chiesero cibo e ristoro.
Ritenendo però infidi gli abitanti, stimarono miglior partito prendere prigionieri il castello e tutti gli uomini validi e quindi ingiunsero alle donne di imbandire la mensa e servirli.
L’odio ed il rancore per l’oltraggio patito indussero le donne del Castello a preparare per gli invasori un misero piatto di “penchi” assai male conditi, giustificandosi col dire che, per i tempi calamitosi, non avevano altro di meglio da offrire.
Tale incauto comportamento fece montare in furore i Vitelli i quali ordinarono che tutti i prigionieri, mani e piedi legati, venissero attaccati ai cavalli per essere TRASCINATI, fino a morte, intorno al Castello.
A nulla valsero le preghiere ed i pianti delle donne; solo ebbe effetto l’ardimentosa proposta di una bella fantesca, la quale si offrì di mutare i dispregiati ”penchi” in una sostanziosa vivanda mai prima gustata, a patto però, che non si procedesse nella minacciata rappresaglia.
Si era in carnevale e, se le carnascialesche imprese eran neglette, tanto imperava il pianto e la tristezza, pure fioriva la sagra dell’utile suino, che dette alla giovane il mezzo per vincere la disperata impresa.
Con guanciale magro, salsicce fresche, uova e pecorino, abilmente
manipolati e rimescolati, trasformò quei “penchi” in una prestigiosa
vivanda che i Vitelli e la loro scorta gustarono a pieno, tanto che placati
e satolli ripresero la via di Napoli, senza fare danno ad alcuno.
Da allora nella terra di Monteleone tale pietanza viene chiamata “STRASCINATI” , felice improvvisazione di una giovane umbra innamorata.